Roberta Folliero
curated by Porter Ducrist
29.09.2017 / 07.10.2017
In Situ apre la nuova stagione espositiva con la quarta mostra in programma del ciclo Assurdità Contemporanee. Handmade di Roberta Folliero è l’esposizione di una realtà soggiacente al chiasso, alla frenesia, alla ricerca spasmodica del nuovo, alla veloce caduta nell’oblio di qualcosa che sembrava necessario.
Elementi del vissuto emergono come residui di una storia, che potrebbe essere quella di ognuno di noi, vulnerabili come siamo alla caducità del nostro Io. L’atto stesso di mostrare tutto questo si costituisce come una delicata presa di coscienza, un’auspicata possibilità di soluzioni per l’esistenza in un mondo freddamente consumistico che sembra aver corrotto quella sensibilità interiore ritenuta prima inalienabile e senza tempo.
La scelta di utilizzare i media tipici dell’arte odierna è di per sé lo svelamento di come un altro lato della medaglia possa esistere nonostante le ovvietà e le apparenze. Prodotti industriali come teli di plastica, supporti in ferro e rifilature in legno, dunque materiali dal rapido acquisto e dal facile consumo, sono utili solitamente a soddisfare soltanto il bisogno temporaneo di un arredamento non destinato a durare nel tempo, non adatto a caricarsi di un valore affettivo, perché così facilmente e spensieratamente sostituibili, deperibili e dimenticabili. Qui, invece, essi assumono una valenza del tutto diversa, grazie al segno-impronta tracciato da un’interiorità celata.
Oggi, nell’ epoca del prêt-à-porter in cui è possibile acquistare qualsiasi desiderio-prodotto con tempi di attesa praticamente nulli, un lavoro così totalizzante, perdurante nel tempo e portatore intrinseco di possibili imprevisti è un modo per proteggere qualcosa (un ricordo, un’esperienza passata, un’innocenza perduta) che è destinato a deperire. Se stessi, le proprie memorie di tessuti emotivi sono abilmente intrecciate nel candido filo da ricamo, permeato ormai dalla fatica delle mani che cuciono. Di fronte a un’opera di Roberta Folliero siamo davanti a un riscatto dell’essere (e dell’esserci): siamo di fronte a lei, in tutta la sua umanità.
Così, un frammento di quotidianità urbana deturpata diventa il filtro di una realtà personale, di un sentimento potenzialmente collettivo e tutto contemporaneo. Un telo incompiuto, dalla trama non realizzata ma solo tracciata col disegno, si staglia nello spazio come ad essere un appiglio per il futuro, una chance per riscoprire un’intelligenza manuale che non conosciamo più; un lenzuolo adagiato a una struttura abbastanza grande da accogliere dei compagni di viaggio diventa un invito a guardare insieme attraverso la sua trasparenza: un velo che confonde, pur disvelando, un mondo intimo che si lascia inconsapevolmente osservare.
Potreste essere al cospetto dei vostri ricordi, pazientemente ricoperti da uno strato di protezione. Potreste trovarvi qualcosa di ognuno di voi, a patto di riuscire a entrare in punta di piedi nelle trame di sensibilità per troppo tempo accantonate nel (o abbandonate al) caos.
Giulia Di Fazio
InSitu ospita, questa volta “Handmade”, quarta tappa del ciclo “Assurdità contemporanea”. Si tratta di un lavoro di Roberta Folliero che si distacca quasi totalmente da quelle dello degli artisti che l’hanno preceduto. Pur presentando opere diverse su un piano prettamente formale, Folliero condivide con gli altri artisti le stesse preoccupazioni che la spingono ad indagare il modus vivendi delle nuove generazioni, risucchiate dalle frenesie vertiginose della società contemporanea, dal tempo accelerato e dal, sempre più presente pressante consumismo industrializzato.
La mostra viene inserito in uno spazio volutamente asettico, che diventa parte integrante delle opere stesse. Le creazioni sono sospese per portare lo spettatore in un tempo parallelo, perché è proprio sul tempo che l’esposizione si incentra. Roberta Folliero offre la possibilità di vedere tutte le tape del suo lavoro: Il Non-fatto (bozzetto di un’idea abbandonata, che attende, però, una nuova opportunità di esistere), il Non-finito ( gesto radicale che cita artisti d’avanguardia) e, infine, il progetto completo che testimonia la possibilità di fattibilità del progetto desiderato. Un tombolino appeso sottolinea l’importanza del supporto, della superficie, avvicinando la sua arte a quello della pittura.
I teli ricamati esclusivamente a mano offrono al fruitore la possibilità d’interrogarsi sul tempo impiegato per produrre un’opera e sul valore che essa acquista, perché non prodotta in serie o utilizzando mano d’opere a basso costo, ma costruita con la pazienza e la sensibilità dell’artista. Roberta si avventura, quindi, in una ricerca di autenticità che, oggi, rileva dell’assurdo, sottolineato, anche dalla scelta del materiale su cui ricamare: La Plastica.
In questa mostra il passato incontra il presente, in uno spazio al difuori di tutte le dinamiche della società attuale. Lo spettatore è invitato ad uscire del “tempo, dalla frenesia quotidiana, per dare spazio alla melanconia, per distaccarsi un istante, riflettere e rilassarsi attraverso la contemplazione di questi teli dalle forme spettrali.
L’esposizione si chiude su una domanda fondamentale: i teli di plastica sono usati per proteggere altri oggetti proprio dello scorrere inevitabile del tempo, ma cosa proteggerà i teli stessi? L’opera attraverserà il tempo o il tempo sentenzierà la fine dell’opera? La giovane artista ci lascia presagire, come in ogni sua opera, la fatalità dell’arte, dolce ironia dell’esistenza.
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