Spazio In Situ
curated by Porter Ducrist
27.10.2016 / 02.11.2016
Christophe Constantin | Marco De Rosa | Roberta Folliero | Andrea Frosolini | Francesco Palluzzi | Elisa Selli
Risulta difficile, al giorno d’oggi, riferirsi a un movimento artistico e parlare di “gruppo”, poichè questi, in passato, erano catalogati, inquadrati rispettando determinati criteri formali. La libertà di creazione che caratterizza l’artista “contemporaneo”, mette la critica in difficoltà, perché essa non riesce più a trovare una linea che possa essere comune a un gruppo, senza utilizzare tematiche banali. Gli artisti che abitano il nostro tempo, con le loro possibilità infinite di viaggiare e spaziare, d’incontrarsi e mischiarsi con altre culture ed altre visioni, con la loro necessita di utilizzare internet e di essere interconnessi con il mondo esterno, posseggono, ogni giorno di più, caratteristiche cosi eterogenee che non possono essere inquadrate in un “movimento” che abbia aspetti comuni. Questo nuovo “modus vivendi e operandi” di ogni artista permette una possibilità infinita di scambi e informazioni. Paradossalmente, però, anche la disinformazione diventa virale, certezza e incertezza viaggiano sullo stesso binario, per cui, se è vero che le possibilità si moltiplicano, è anche vero che, per paura e timore molte strade non vengono esplorate.
La società in cui viviamo, cosi piena di stimoli e contraddizioni, genera in ogni individuo una profonda crisi. Ci siamo abituati al continuo peggioramento della nostra condizione, abbiamo accettato l’inaccettabile solo per paura di un ulteriore peggioramento che in realtà è ineluttabile. La nostra società rimane ferma, congelata nella sua routine, evitando di porsi una domanda fondamentale, frontiera di un possibile cambiamento: “Cosa sarebbe se?” Cosa sarebbe se non avessimo tutto ciò che ci definisce come uomini moderni ed evoluti, come sarebbe senza le nostre comodità e nostri soldi, le macchine, autostrade, i medici e i farmaci che ci mantengono in vita? Come sarebbe senza tutte queste cose che per noi sono irrinunciabili e che pur creano tutto questo malessere? Quante rinunce saremmo costretti a fare solo per esserci posti un simile interrogativo?
In Situ si pone queste domande. Questi sei artisti non sono un gruppo che segue tematiche o pratiche simili, ma sono sei giovani che provano a realizzare l’utopica idea di diventare artisti, provando ad avere un slancio verso il cambiamento sociale. La mostra a voi presentata, tenta di mantenere la forma attuale del sistema, cercando di proporla in maniera diversa. Accosta “l’emergenza di rivoluzione” delle nostre condizioni umane, non senza considerare la necessaria certezza che ci viene dalla società consumistica.
L’istallazione di Elisa Selli è un ottimo esempio di questo proposito. Viene proposta una visione alternativa dello spazio, in cui lo spettatore si trova al di sotto di alcuni mobili, forzato a contemplare la caduta degli oggetti. Il tutto è annunciato da una sedia spaccata sul pavimento. Il possibile sacrificio che il cambiamento proposto porta con se è ottenuto giocando con l’occhio dello spettatore. In questo allestimento assurdo, che cambia il punto di vista del fruitore e che inverte la realtà, si evince la dialettica tra reale ed illusione. Forse lo spettatore è nel posto sbagliato, ma è convinto che il suo pensiero sia calcato sulla verità, perché il suo punto di vista viene cambiato, ma non sconvolto. In quest’opera è sublimata la distruzione ed è presentata come un cambiamento verso un possibile reale più giusto.
Con le sue anamorfosi Marco De Rosa invita ed obbliga lo spettatore a cambiare posizioni e punti di vista. L’opera, vista frontalmente, forma un rettangolo. Solo quando giriamo intorno ad essa notiamo che la forma si decompone in vari pezzi di cortecce. Ognuna di esse è il frammento di un tutto e, pur non condividendo il medesimo piano dimensionale, sono indissociabili. Qual è la visione giusta dalla quale contemplare questo lavoro? La visione frontale e bidimensionale che è la più astratta, oppure quella in cui l’opera prende vita? L’invito in questo caso è considerare l’opera nel suo insieme e, contemporaneamente, spostarsi e considerare ogni pezzo nella sua unicità, dimenticando la forma iniziale. La stratificazione confonde lo spettatore, facendogli perdere di vista ciò che è reale e ciò che invece è illusione.
Francesco Palluzzi ci presenta anche lui una stratificazione affrontata però in modo meno formale. I suoi dipinti tratti da collage multimediali pongono lo spettatore di fronte all’interrogativo riguardo le varie tempistiche e la realizzazione di questo lavoro. Il dipinto non è tratto da un oggetto reale ma da un montaggio informatico. Palluzzi utilizza il concetto di messa in abisso, che spinge lo spettatore ad interrogarsi sulla propria società. Nell’opera, infatti, la realtà viene filtrata in modo da diventare onirica, finendo per perdere tutte le caratteristiche tipiche della realtà stessa. Un sogno che integra il reale e lo ingloba fino a renderlo irriconoscibile. L’opera di Francesco fa da eco a quella della Selli. In entrambi i casi lo spettatore deve rimettere in discussione le proprie certezze. Se ogni certezza viene tagliata la realtà finisce per crollare.
Quest’ultima affermazione ben si presta ad introdurre il lavoro di Andrea Frosolini. La sua lastra di marmo, sorretta da fili che, troppo sottili, mettono a rischio il destino della lastra stessa. Nel caso la lastra cadesse a terra, i frammenti di essa non saranno però da buttare ma saranno ricostruzione e racconto di ciò che è avvenuto. Da questi si può iniziare qualcosa di nuovo, senza dimenticare gli errori che hanno portato a tale distruzione. Dalla contemplazione di queste materie nasce la possibilità e l’esigenza di ricostruire. I frammenti di questo lavoro assumono un significato analogo alle rovine della Roma antica: monito per il futuro e ricordo di ciò che è stato. Una forte malinconia che non può lasciare il fruitore indifferente.
Roberta Folliero, attraverso il suo lavoro sembra chiederci: “Cosa ci è successo, come sarebbe il mondo senza il consumismo imperante e cosa sarebbero le nostre vite senza la certezza confortante del ricordo?”. La plastica che ricama diventa un filtro che separa l’arte dalla realtà, come se volesse preservarla, ricalcando l’atteggiamento delle nostre nonne che facevano lo stesso con i loro mobili. Tutto ciò, era ben prima della “generazione Ikea”, questa società del “pret à jeter”. Il lavoro della Folliero ironizza l’incomprensione che possono avere gli anziani sulla nostra società. La vivono, la guardano, ma in fondo non ne fanno totalmente parte. Il ritmo con il quale la società si muove, li lascia senza fiato, ma forse accade lo stesso anche con i più giovani, che si perdono nella corrente della troppa informazione, cercando un punto d’attacco al quale credere. Ma anche le certezze più indiscusse possono venire meno nella società di oggi: pensiamo che ogni cosa esista nella sua unicità in un solo posto e in un solo istante. In realtà oggi le nuove tecnologie permettono di condividere varie situazioni simultaneamente, il lavoro di Christophe Constantin è tratto da questo problema. L’opera condivide una realtà in vari luoghi. Constantin ci invita a viaggiare e ci connette con le opere della stessa serie. Il fruitore non può interagire direttamente con tutte le altre opere, a livello materiale, ma attraverso una sola opera può virtualmente usufruire delle altre. Le opere degli artisti di In Situ svelano, considerate unitamente le une alle altre, una nuova visione di vivere nel mondo di oggi con tutte le sue incertezze e le sue precarietà. Esse sono svelate anche attraverso l’uso e le scelte di materie tipiche di un’arte odierna per i materiali ma non per i contenuti. Il futuro prospettato dagli artisti è volutamente sfocato e incerto poiché la nostra società deve assolutamente compiere una netta inversione di marcia, rifiutando il consumo sconsiderato, lo spreco e le distruzioni. Tutto ciò impone, però, un distacco dalle comodità e dalle certezze del sistema presente ed è proprio questo nuovo approccio che i ragazzi propongono. Il futuro è il cambiamento che scegliamo di fare oggi. Non posso comunque attestare che tutto ciò sia una certezza, ma penso che serva ad aprire vie di riflessione.
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