Christophe Constantin
curated by Porter Ducrist
23.06.2017 / 01.07.2017
Lo spazio di In Situ si trasforma questa volta in un teatro dell’assurdo, portavoce dell’esilarante incoerenza della città di Roma. Nel paradosso di un mondo capovolto, dove ci tratteniamo a vivere in una confortante illusione di normalità, la creazione artistica abbandona il campo della bellezza e sbarra le porte dell’evasione, ponendoci di fronte a fastidiose domande.
Christophe Constantin propone, con le sue più recenti creazioni, un’analisi critica e irriverente della città eterna, dove il tempo non sembra scorrere come dovrebbe e lo spazio è disseminato degli oggetti più insensati. Le opere sono il prodotto di un’ osservazione, attenta e disincantata, di quella realtà concreta che spesso diamo per scontata, ma che è parte integrante del nostro vissuto. L’artista sceglie per la sua personale un titolo, Boh?!!, che ci conduce inesorabilmente nel territorio di un’assurda banalità, di una semplicità disturbante che sembra uno scherzo. Ma in fondo il gioco è questo. Mentre ci chiediamo dove finisca la realtà e dove inizi l’arte viene offerta ai nostri occhi l’essenza di un luogo, raccontata nei suoi aspetti più prosaici: un mucchio di arnesi e manufatti che l’artista ottiene relazionandosi al mondo dell’arte in maniera poliedrica e atipica, ma tenendo anche fisso lo sguardo alla storia più recente, specialmente del ready made. Ecco a voi Roma In Situ e un site specific all’ennesima potenza.
L’allestimento della mostra insinua che l’essenza non sta nei dipinti di Caravaggio, essa si perde contemplando le statue di Bernini: la vera essenza della città trionfa invece nei secchioni dell’immondizia disseminati qua e là per le strade, negli attrezzi da lavoro lasciati per caso poggiati su un muro di un cantiere inesistente, nella ruota di bicicletta ancora incatenata, mentre qualcuno ha già rubato il resto. Qualche anno fa si è conclusa l’era delle cabine telefoniche, la città non ha forse saputo accorgersene e i marciapiedi sono rimasti cosparsi di telefoni che non telefonano.
L’artista lavora su un significato di cultura popolare che è nulla di più di ciò che il popolo vive nella sciatta quotidianità, e dalla sua ricerca sociale, cinica e realistica, scaturiscono solo e semplicemente gli oggetti che ci circondano e di cui non ci accorgiamo. Christophe Constantin li incontra nel contesto urbano e da lì li sradica per dargli nuova vita nello spazio espositivo, da dove essi, come statue ridicole, ci sbeffeggiano sublimando la loro grandiosa ovvietà.
Abbandoniamo ogni poesia, ogni grazia e siamo qui funamboli in bilico fra gioco e non gioco, fra arte e realtà becera, a tratti irritante. Il prodotto di un Fellini impasolinato, un giocoso, un ironico, ma un critico anche.
Privi e carichi insieme di ogni drammaticità, sculture e ready made riempiono dunque lo spazio nell’ennesima idea ridicola di Christophe.
Marta Zandri
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